30 aprile 1589 – Ferdinando I de’ Medici sposa Cristina di Lorena

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Ferdinando I
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

 

30 aprile 1589 – Ferdinando I de’ Medici sposa Cristina di Lorena

Dopo la morte del granduca Francesco I, il fratello Ferdinando impresse nuovo vigore al regime mediceo. Pur mantenendo un atteggiamento filo spagnolo e di assoluta fedeltà alla Santa Sede, Ferdinando instaurò legami anche con altre corti europee.

Strategico fu, in questo senso, il suo matrimonio con Cristina di Lorena appartenente alla famiglia dei Guisa aderente alla lega cattolica filo spagnola ma protetta anche da Caterina de’ Medici.

Il matrimonio e il conseguente miglioramento dei rapporti con il trono di Francia non solo fecero da contrappeso al rapporto con la Spagna, ma determinarono anche la definitiva rinuncia da parte di Caterina di qualsiasi rivalsa sui beni dei Medici.

Il contratto di matrimonio fu stipulato il 25 febbraio 1589. L’arrivo di Cristina a Firenze avvenne il 30 aprile e segnò l’inizio di un mese di solenni festeggiamenti in occasione dei quali fu finalmente scoperto, nel salone dei 500, il gruppo del Giambologna raffigurante Firenze vittoriosa su Pisa. L’opera, che doveva essere già pronta per il matrimonio di Francesco I, ha idealmente dialogato con il Genio della Vittoria di Michelangelo per circa tre secoli prima di essere spostata al Bargello. Sicccome è sempre meglio

avere un morto in casa
che un pisano all’uscio

tutte le occasioni, anche i matrimoni, venivano buone per ricordare ai nemici di tante battaglie che alla fine di tanto agitarsi avevano dovuto comunque chinarsi al potere di Firenze proprio come indicava la statua del Giambologna.

Ahi Pisa, vituperio delle genti
del bel paese là dove ‘l sí sona,
poi che i vicini a te punir son lenti,
muovasi la Capraia e la Gorgona,
e faccian siepe ad Arno in su la foce,
sí ch’elli annieghi in te ogni persona   (Dante Alighieri)

Se Pisa rappresentava ormai il passato, Ferdinando dimostrò invece di avere a cuore le sorti di Livorno dando un forte impulso alla realizzazione del suo porto. Al fine di aumentarne il numero degli abitanti nel 1590 emanò la legge livornina che garantiva l’immunità contro alcuni crimini, libertà di culto, l’annullamento dei debiti e la vendita agevolata degli alloggi ai nuovi cittadini. La città labronica divenne così un ricettacolo di ladri e avventurieri, ma anche un’isola felice nella triste Europa dei tempi dell’Inquisizione.

Daniele Niccoli

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