6 settembre 1441 – L’assassinio di Baldaccio d’Anghiari

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Palazzo Vecchio
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

6 settembre 1441 – L’assassinio di Baldaccio d’Anghiari

Nel 1434 Cosimo il Vecchio fu richiamato in Patria dove riprese in mano le redini della politica cittadina facendo eleggere balìe formate da amici dei Medici che determinarono, di fatto, la trasformazione della Repubblica in Signoria, anche se Cosimo disdegnò la nomina a cariche politiche di rilievo.

Tra i primi provvedimenti adottati vi fu l’esilio dei vecchi nemici: Rinaldo degli Albizi e Palla Strozzi. Più duro fu l’atteggiamento nei confronti di Baldaccio d’Anghiari, un soldato di ventura che aveva combattuto spesso per conto di Firenze e altrettanto spesso contro di essa. Baldaccio godeva di notevole prestigio in città e ciò lo rese sgradito a Cosimo da sempre sospettoso nei confronti di quelli che riuscivano a conquistare il benvolere del popolo.

Il 6 settembre 1441 fu convocato in Palazzo Vecchio dal gonfaloniere di giustizia Bartolomeo Orlandini che lo accusò di complotto contro Firenze, lo fece uccidere e quindi gettare dalla torre di Palazzo Vecchio. Dopo la morte la testa di Baldaccio fu esposta al popolo come ammonimento per tutti quelli che avessero avuto idea di opporsi alla politica della “Repubblica” fiorentina. Questi fatti luttuosi sono all’origine della leggenda secondo cui il fantasma di Baldaccio si aggirerebbe ancora oggi nei meandri di Palazzo Vecchio in attesa di vendetta.

Apparentemente Cosimo non ebbe nessun ruolo nella vicenda, ma è chiaro che un episodio del genere non poteva avvenire a sua insaputa e pare che abbia commentato così l’accaduto:

Un nemico precipitato giù da una torre non giova a granché,
ma neppure può far male.
Aggiungendo:
Gli stati non si governano coi paternostri

Questo episodio dimostra quanto fosse enigmatico il personaggio Cosimo: da una parte il banchiere risoluto e privo di scrupoli in grado di accumulare una fortuna spropositata, dall’altra il pensatore che amava ritirarsi in convento per leggere “l’etica” di Aristotele; da una parte il benefattore del Convento di San Marco, dall’altra colui che induceva i brogli elettorali affinché fossero elette magistrature a lui favorevoli.

Anche il suo mecenatismo ebbe un riscontro politico, ma chissà se, senza il suo intervento, le opere di artisti quali Filippo Brunelleschi, Donatello, Lorenzo Ghiberti, Filippo Lippi, il Beato Angelico e Paolo Uccello sarebbero arrivate fino a noi. Creò l’accademia neoplatonica con Marsilio Ficino, poi affiancato da Pico della Mirandola e Agnolo Poliziano determinando l’inizio del movimento culturale noto come Umanesimo. Collezionò un quantitativo impressionante di antichi manoscritti oggi conservati nella biblioteca Laurenziana. Morì il 1° agosto del 1464. Sulla sua tomba, nella Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, l’epitaffio recita: Pater Patriae.
Daniele Niccoli

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